20 aprile: Discorso di Valerio Minnella

Come previsto, oggi, 20 aprile 2024, abbiamo celebrato l’anniversario della Liberazione della città di Budrio dal nazi-fascismo, avvenuta 79 anni fa.

Ci siamo ritrovati all’ingresso del cimitero, in via dell’Olmo e da lì ci siamo incamminati fino al Monumento ai Caduti Partigiani.
Quest’anno alla celebrazione ha partecipato un gruppo di cittadini più numeroso dello scorso anno. Dopo l’esecuzione del “Silenzio”, da parte di un musicista della Banda Città di Budrio, hanno rivolto un breve discorso ai presenti Valerio Minnella (presidente della nostra sezione A.N.P.I.), seguito dalla sindaca della città Debora Badiali.

 

(Pubblichiamo qui il discorso pronunciato da Valerio Minnella.)

20 Aprile:

Oggi celebriamo la liberazione di Budrio dalla dittatura criminale dei fascisti e dei loro complici nazisti.
Il 25 aprile celebreremo quella dell’Italia intera, quel luogo politico/culturale che siamo abituati a chiamare “Patria”.
In tutto il mondo gli esseri umani sono abituati a riconoscersi in una loro patria.
Qualcuno ne riconosce due di patrie, qualcuno nessuna, qualcuno riconosce una propria patria, all’interno d’un’altra più grande e, magari, d’un’altra ancora maggiore, fino al mondo intero.

Ma tutti sappiamo che non può esistere una patria, che non abbia esseri umani dentro. Non esiste una patria senza cittadini vivi e operanti.
Da ciò ne deduciamo che difendere/salvare una patria vuol dire in primis difendere e salvarne i cittadini, gli esseri umani.
Perché ci sia una patria, occorre mantenerne vivi i cittadini.

Cioè debbono essere eliminate le guerre, tutto ciò che uccide, la morte per malattia, la morte sul lavoro, …, ma soprattutto la morte per assassinio militare.

È questa la straordinaria intuizione che i nostri partigiani, i patrioti che contribuirono alla liberazione del paese, ebbero dopo la guerra.

Loro la guerra l’avevano vissuta in tutto il suo orrore e sapevano quali sofferenze provocasse.
Sapevano che a volte sei costretto a partecipare, perché è scoppiata e occorre contrastare sofferenze maggiori, ma provocare una guerra, non battersi per evitarne una all’orizzonte, essere indifferenti al male che avanza, è criminale.

Gandhi diceva che non esiste maggior violenza del rimanere inattivi di fronte all’ingiustizia.
Gramsci ugualmente diceva odio gli indifferenti.

I partigiani diranno MAI PIÙ!
Non esiste ingiustizia maggiore di una guerra. Un evento che assassina bambini, che impoverisce gli esseri umani.

È un partigiano il padre costituente relatore dell’articolo 11 della Costituzione, quello che recita “L’Italia ripudia la guerra”. È Giuseppe Dossetti (poi Don Giuseppe Dossetti, esponente DC).

Notate l’uso di una parola dal significato inequivocabile: RIPUDIA.
Non è possibile sminuirne il significato, edulcorarla, interpretarla.

Sono i parlamentari partigiani (i “vincitori”) i primi a sostenere la necessità d’un’amnistia, che, nel bene e nel male, smorzi gli odi residui e scongiuri un proseguimento delle uccisioni.

Fra l’altro, tanti non sanno che durante il conflitto molti partigiani non hanno impugnato armi e non solo perché ce n’erano poche.
È il caso, per esempio, di Aldo Capitini, colui che coniò il termine “nonviolenza” (tutto attaccato) e fondò poi a Perugia il “Movimento Nonviolento“.
Oppure di Osanna Stagni (a cui è intitolata la sezione di cui mi onoro d’essere il presidente) che, come dirigente dei GDD, i Gruppi di Difesa delle Donne, organizzò anche azioni clamorose, senza imbracciare armi.

È così che dopo la liberazione nasce all’interno del movimento partigiano un importante dibattito su questi concetti.
A seguito di questo dibatto, l’ANPI, l’Associazione Nazionale Partigiani, diventa una delle maggiori associazioni “pacifiste”.

Ogni tanto sui media o sui social leggiamo dichiarazioni del tipo “i partigiani non erano pacifisti”.
Chi le scrive è un ignorante, nel senso più puro della parola.
Non ha studiato i documenti e il dibattito prodottosi dopo la guerra fra i partigiani.
Si può non condividerne le posizioni, ma affermare che il pacifismo dell’ANPI tradisca il pensiero partigiano è falsità.

Basta osservare le tessere che ricevono annualmente gli iscritti. Sono facili da guardare, come le figurine, diverse ogni anno.
Quasi tutti gli anni compare la parola PACE, o, in alternativa l’articolo 11 della Costituzione.
Ma in alcune compare anche un’altra parola dal significato inequivocabile: DISARMO.
(Per esempio, la tessera del 1962 o quella dell’82)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Peraltro fu il partigiano Carlo Cassola a descrivere l’importanza, anche ideologica, di questa parola:
Chi non capisce che il disarmo è il terreno dello scontro decisivo tra progresso e reazione, tra civiltà e barbarie, è di destra anche se si proclama di sinistra“.

Io sono certo che oggi nessun militare italiano direbbe oggi quello che dichiarò allora il generale Pirzio Biroli ai soldati italiani:
Ho sentito dire che siete dei buoni padri di famiglia. Ciò va bene a casa vostra, non qui. Qui non sarete mai abbastanza ladri, assassini e stupratori”.
O neppure quello che disse il generale Mario Roatta:
“Qui si ammazza troppo poco”.

Ma se da noi oggi la barbarie è contenuta, non è così in altri luoghi del mondo.
Sono notizie di questi giorni i massacri indiscriminati di civili, uomini e donne, vecchi e bambini (BAMBINI!).

Le teorie strategiche del criminale fascista Giulio Douhet, quello che per primo teorizzò i bombardamenti di città per “sterminare e terrorizzare la popolazione civile”, sono ancora studiate e messe in atto nel resto del mondo, in tutti i conflitti.

Oggi in Palestina stanno applicando la “Dottrina Dahiya”, che altro non è che l’evoluzione moderna delle teorie di Douhet.

Oggi gli obiettivi dei bombardamenti sono decisi dalla cosiddetta Intelligenza Artificiale.
Questa macchina IA, si chiama “Lavender” (Lavandaia) e dirige il sotto-programma “Where is daddy?” (Dov’è papa?).
Questo software è stato istruito per colpire i presunti nemici a casa loro, non in combattimento, perché lì sono più indifesi, bombardando l’edificio in cui sono tornati, anche se ci sono familiari e bambini, purché, bontà loro, non superino i 100.
Fino a 100 civili per un militare.
Capite bene di quale abominio parliamo.

Per concludere, se vogliamo davvero ricordare il grande contributo partigiano alla liberazione di Budrio e dell’Italia intera, dobbiamo dire NO ALLA GUERRA e lottare affinché le controversie si risolvano ai tavoli negoziali e non con le armi, come impone la nostra Costituzione.
Dobbiamo chiedere che i cittadini, per poter diventare patrioti, rimangano vivi IN OGNI PARTE DEL MONDO.

La guerra non è inevitabile. Non dobbiamo mai accettare che divenga normalità.

Le guerre non risolvono i problemi del mondo o d’un territorio, ma invece li aggravano ulteriormente, aggiungendo odio, sofferenza e povertà alle criticità.

vm

 

 

20 aprile: Discorso di Valerio Minnella

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